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Prima, dopo o lontano dai pasti? Quante volte questo interrogativo ci ha reso dubbiosi al momento di assumere un farmaco. Ogni volta che prendiamo un farmaco a stomaco pieno vi possono essere delle interferenze con il cibo ma, fortunatamente, nella maggior parte dei casi, queste non sono tali da compromettere l'efficacia della terapia o da rappresentare un pericolo. Al momento della prescrizione o della dispensazione di un medicinale il paziente dovrebbe ricevere indicazioni esaurienti sulle modalità di assunzione in relazione ai pasti, ma nella pratica corrente ciò avviene di rado. Tantomeno vengono date spiegazioni sul perché in certi casi sia importante prestare attenzione a questo aspetto, mentre in altri casi lo sia meno o non lo sia affatto. Anche il foglietto illustrativo dovrebbe riportare in modo chiaro tutte le informazioni per un'assunzione corretta del farmaco in relazione ai pasti ma spesso non è così. 
Le interazioni cibo-farmaci, oltre ad essere molteplici, possono essere anche molto complesse e non è questa la sede per una trattazione esaustiva del problema. Vale la pena comunque tentare di conoscere meglio ciò che accade quando gli alimenti e i farmaci vengono a contatto diretto, evidenziando alcuni casi più significativi. Riproporre lunghi elenchi di farmaci da assumere a stomaco vuoto o pieno sarebbe inutile perché non sarebbero mai completi. E' importante invece essere a conoscenza dell'esistenza del problema per trovare la risposta ai propri dubbi nelle sedi idonee: l'ambulatorio del medico o la farmacia. 
Prima di tutto, però, è necessario chiarire il significato dell'espressione "a stomaco vuoto". Con questa indicazione non si intende semplicemente prima del pasto bensì un'ora prima o due ore dopo l'assunzione del cibo.
E' ovvio che le considerazioni di seguito riportate si applicano solo alle terapie orali, quando cioè i farmaci vengono deglutiti perché solo in questi casi il loro cammino segue la stessa strada degli alimenti. Non interessano perciò le altre vie di somministrazione, neppure quella sublinguale: in questo caso infatti, il farmaco, anche se posto in bocca sotto la lingua, passa direttamente nel sangue in quanto viene assorbito attraverso la ricca vascolarizzazione della mucosa orale.

Il "destino" di un farmaco assunto per bocca

I farmaci assunti per bocca vengono assorbiti a livello intestinale. Le compresse o le capsule, una volta inghiottite, all'arrivo nello stomaco vengono dapprima disintegrate affinchè il farmaco in esse contenuto possa essere liberato (questa fase non serve in caso di formulazioni già liquide come le gocce, gli sciroppi o i prodotti che vanno sciolti in acqua prima dell'assunzione, es. compresse solubili, bustine). Fanno eccezione le formulazioni cosiddette gastroresistenti, che liberano il farmaco direttamente nell'intestino. Una volta libero, il farmaco deve attraversare la parete intestinale per passare attraverso i capillari sanguigni nella circolazione generale e raggiungere così le sedi dove dovrà esercitare al sua azione. Questo processo sommariamente descritto è l'assorbimento. Di solito, per svariati motivi, non tutta la dose di farmaco assunta arriva a destinazione. La sua "biodisponibilità", cioè la percentuale realmente disponibile per l'azione farmacologica, è funzione sia della quantità che della velocità con cui il farmaco raggiunge la circolazione sanguigna. 
Una volta nel sangue, il farmaco viene innanzitutto convogliato al fegato dove può essere in parte trasformato prima di raggiungere le sedi di azione. Dopo di che, sempre attraverso il sangue, il farmaco ritorna al fegato per essere inattivato e infine viene eliminato attraverso i reni. 

Con quale liquido assumere un farmaco?

Il tipo di liquido o di bevanda con cui si assume il farmaco ha la sua influenza. Basti pensare al caso del succo di pompelmo. In questi ultimi anni numerosi studi hanno confermato che una delle sostanze contenute nel pompelmo (la naringina, che gli conferisce il tipico gusto amaro), è in grado di modificare l'attività di certi farmaci, interferendo con le sostanze (enzimi) che il nostro organismo usa per metabolizzarli (renderli cioè inattivi). La loro concentrazione nel sangue supera così quella prevista tanto che a volte possono comparire effetti tossici. Questa interazione riguarda alcuni farmaci usati per il cuore e la pressione alta (quelli chiamati calcio-antagonisti, come la nifedipina (es. Nifedicor, Adalat), la felodipina (es. Feloday, Plendil), l'amlodipina (es. Norvasc, Monopina), l'antiistaminico terfenadina (Allerzil) che per di più ha anche pericolose interazioni con molti altri farmaci, il triazolam (es. Halcion, un farmaco sedativo che appartiene alla classe delle benzodiazepine), la ciclosporina (utilizzata principalmente nei pazienti che hanno subito un trapianto). Sarà bene quindi non utilizzare mai il succo di pompelmo per assumere i farmaci. Se si vuole mascherare il sapore sgradevole di un farmaco, il succo di arancia va bene, ricordandosi però che succhi di frutta e bevande acide in generale non vanno usati se si devono assumere alcune penicilline. Per ridurre l'irritazione gastrica si può assumere il farmaco con il latte, da evitare però se il farmaco in questione è la tetraciclina (Ambramicina) perchè l'assorbimento del farmaco può risultare ridotto. 
Per evitare qualsiasi problema, l'acqua naturale è sempre la scelta più opportuna, meglio se a temperatura ambiente e in abbondante quantità, così da impedire che il farmaco aderisca alle pareti dell'esofago e da facilitarne nel contempo la dissoluzione e il successivo assorbimento.
In nessun caso vanno usate bevande alcooliche. Meglio evitare anche le bevande calde (thè, caffè).

Le possibili interazioni

La possibilità più ovvia è che farmaci e cibo interagiscano durante il transito comune nel tratto gastrointestinale.
In generale assumere un farmaco a stomaco vuoto consente una più rapida comparsa dell'effetto atteso. Il cibo infatti, giunto nello stomaco, può interferire con i farmaci in modo diverso a seconda delle sue caratteristiche. I liquidi accelerano il passaggio attraverso lo stomaco e quindi riducono l'intervallo di tempo fra l'assunzione del farmaco e la comparsa dei suoi effetti. I cibi solidi, al contrario, rallentano lo svuotamento gastrico e diminuiscono la velocità (e a volta anche la quota) di assorbimento di alcuni farmaci. Il fenomeno è più accentuato con cibi molto caldi, viscosi e ricchi di grassi. Un assorbimento rallentato non incide necessariamente sull'entità dell'effetto terapeutico. Infatti, prima o poi il farmaco verrà assorbito e quindi la quantità totale che arriverà negli organi bersaglio sarà la stessa. La velocità di assorbimento diventà però importante quando è richiesta una tempestiva attenuazione dei sintomi come ad esempio quando si assume un analgesico per un dolore acuto [es. paracetamolo (Tachipirina, Efferalgan)]. Nel caso degli antiinfiammatori non steroidei [es. ibuprofene (Moment), diclofenac (Novapirina), naproxene (Aleve)], è preferibile assumerli a stomaco pieno per ridurre la ben nota gastrolesività ma occorre sapere che questo va a scapito della rapidità d'azione. Un compromesso accettabile potrebbe essere quello di assumere la prima dose a stomaco vuoto con molta acqua e le successive a stomaco pieno. 
In alcuni casi il consiglio di assumere determinati farmaci lontano dai pasti non dipende da una interazione diretta con gli alimenti ma dal fatto che questi farmaci possono essere particolarmente sensibili all'acidità gastrica. Se il transito attraverso lo stomaco è rallentato per la presenza del cibo, il farmaco potrebbe inattivarsi con riduzione della quantità di farmaco disponibile per svolgere l'azione terapeutica. Rientrano in questo caso alcuni antibiotici della famiglia delle penicilline e dei macrolidi [es. roxitromicina (es. Assoral) e rokitamicina (es. Rokital)].
Un altro motivo per cui il cibo a volte non va d'accordo con certi farmaci è la possibilità che alcune sostanze presenti negli alimenti si leghino ai farmaci impedendone l'assorbimento. E' quello che accade ad esempio con la tetraciclina (un antibiotico) che viene intrappolata (il termine corretto sarebbe "chelata") dal calcio presente soprattutto nel latte e nei latticini (ma anche dal ferro, dall'alluminio e dal magnesio) e non è più disponibile per essere assorbita. In questo modo la concentrazione nel sangue può essere ridotta di oltre il 50%. Lo stesso accade ad un altro gruppo di antibatterici detti chinoloni [es. ciprofloxacina (es. Ciproxin)], il cui assorbimento viene ostacolato dalla presenza di ferro negli alimenti (ma, attenzione, anche negli integratori minerali). Questo rischio viene scongiurato se vengono assunti lontano dai pasti.
Esistono per contro dei casi in cui, per svariati motivi, è meglio assumere i farmaci a stomaco pieno, ad esempio quei farmaci il cui assorbimento viene favorito dalla presenza di cibo nello stomaco [es. nitrofurantoina (Neofuradantin, un farmaco per le infezioni urinarie), griseofulvina (Grisovina, un antifungino), spironolattone (un diuretico)] o quando si desidera attenuare l'effetto irritante dei farmaci sulla mucosa gastrica (ad. esempio i già citati antiinfiammatori non steroidei o il ferro).

E inoltre...

Della numerosa famiglia dei cosiddetti ACE-inibitori [enalapril (es. Enapren), ramipril (es. Unipril), quinapril (es. Quinazil)] farmaci oggi molto utilizzati per abbassare la pressione e nell'insufficienza cardiaca, solo il capostipite, il captopril (Capoten), deve essere assunto a stomaco vuoto. Quando si assumono questi farmaci tuttavia non si devono condire gli alimenti con i sostituti del sale (es. Novosal) che sono a base di potassio, per il rischio che questa sostanza raggiunga nel sangue concentrazioni pericolose.
I pazienti che sono in trattamento con anticoagulanti orali devono prestare attenzione a non introdurre quantità elevate di alimenti particolarmente ricchi in vitamina K, perché questa vitamina antagonizza l'effetto del farmaco, riducendo la sua capacità di mantenere fluido il sangue. Fra questi alimenti rientrano i vegetali a foglia verde (cavoli, spinaci, lattuga, broccoli, cavolini di Bruxelles), i ceci, il fegato di maiale e di manzo.
Forse l'interazione fra cibo e farmaci più famosa è quella che riguarda i farmaci antidepressivi chiamati MAO-inibitori, per le reazioni anche gravi che ne derivano. Nel nostro paese è in commercio un solo rappresentante di questa classe di farmaci, precisamente la tranilcipromina contenuta in associazione nella specialità Parmodalin, per cui si tratta di una eventualità piuttosto remota. Chi assume questo farmaco deve evitare gli alimenti particolarmente ricchi di una sostanza chiamata tiramina: in presenza di questo antidepressivo infatti, la tiramina non viene inattivata e può rendersi responsabile di pericolosi aumenti di pressione. Fra gli alimenti da evitare rientrano i formaggi fermentati, compresi i piatti cucinati [infatti questa reazione viene anche definita "reazione da formaggio" (N.B. Quasi tutti i formaggi tranne poche eccezioni, come ad esempio la ricotta, sono fermentati)], i vini rossi (tipo Chianti o Porto), alcuni tipi di birre, le aringhe marinate, gli insaccati, il fegato di pollo e manzo, gli estratti di lievito. Anche cioccolato, caffè e fave possono rendersi responsabili di questa reazione. Le restrizioni dietetiche devono proseguire anche per tre settimane dopo la sospensione del farmaco. 

Il problema dell'alcool

Anche se non è un alimento nel senso stretto del termine, l'alcool è comunque un componente usuale della dieta di molte persone. L'accoppiata alcool-farmaci è imprevedibile e pericolosa. Andrebbe perciò sempre evitata. Questo suggerimento diventa un vero e proprio divieto quando si assumono farmaci che agiscono sul Sistema Nervoso Centrale (es. tranquillanti, antidepressivi, antiistaminici) in quanto l'alcool ne potenzia gli effetti sedativi. Quando si beve alcool mentre si è in trattamento con determinati farmaci come ad esempio il metronidazolo (es. Flagyl), alcuni antibatterici iniettabili (della classe delle cefalosporine) e la griseofulvina si può andare incontro ad una particolare reazione che si manifesta con arrossamento del volto e del collo, vomito, mal di testa e palpitazioni. Questa reazione è detta Antabuse-simile: prende il nome dal farmaco che, inducendo questi effetti quando si beve alcool, viene impiegato nei programmi di disassuefazione dall'alcool.

Quando occore prestare particolare attenzione

 

Informazioni sui Farmaci Anno 2005