omega 3

Un'ampia revisione di studi smentisce l'utilità degli Omega-3 per la salute cardiovascolare.

A far bene è l'insieme della dieta e non un singolo supplemento.

 

Dopo gli entusiasmi degli scorsi decenni, gli studi recenti tendono a ridimensionare di molto il ruolo degli Omega-3 nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. E un contributo pesante al dibattito lo aggiunge l'ultima revisione di studi del Cochrane Heart Group, di cui sono stati appena resi noti i risultati: consumare Omega-3, di per sè, influisce poco o nulla sul rischio di morte in generale, sul rischio di malattie cardiovascolari, ictus e infarti. Il dato è più chiaro per gli integratori, molto meno per la dieta. Insomma, prima di rottamare i consigli a cui siamo abituati (ad esempio quello di mangiare regolarmente pesce azzurro) vediamo di capire con calma i termini della questione.


GLI OMEGA-3 E IL CUORE

Gli Omega-3 sono degli acidi grassi polinsaturi presenti in vari alimenti, soprattutto nel pesce, nell'olio di pesce, nei crostacei, nelle noci, nelle mandorle, in vari tipi di semi (girasole, lino, canapa) e di oli vegetali, nella lecitina di soia. Sono detti "essenziali", perchè per stare in salute dobbiamo introdurli con il cibo che mangiamo. Alcuni importanti studi, nel tempo, hanno consolidato l'opinione che costituiscano un utile presidio contro le malattie cardiovascolari, in grado di ridurre il rischio di infarti e ictus, ridurre il rischio di morte precoce, abbassare i livelli di colesterolo e di trigliceridi. Da alcuni anni, indagini più rigorose dal punto di vista del metodo hanno invece raffreddato le speranze: scarse o poco convincenti le prove dei benefici degli Omega-3.

Ora è arrivato i resoconto di quella che probabilmente è la più ampia e aggiornata revisione degli studi in materia. È stata firmata dal gruppo di lavoro della Cochrane Collaboration che dal 2001 ha pubblicato tre lavori dedicati agli acidi grassi Omega-3 e il cuore. I ricercatori hanno preso in esame 79 studi che hanno coinvolto 112.000 persone, tutti con l'obiettivo di valutare gli effetti sul cuore e sul sistema circolatorio di un maggior consumo di Omega-3 rispetto a un consumo inferiore o nullo. La maggior parte di tali studi riguardava l'uso di supplementi o integratori a base di Omega-3. Alcuni invece consideravano l'apporto di acidi grassi con la dieta. Tutti erano studi randomizzati, dove cioè si confrontavano gli effetti degli Omega-3 su persone che erano assegnate casualmente (con le stesse probabilità) al gruppo che li usava o a quello che non li usava. E ciò è considerato dagli esperti un importante punto a favore per la serietà delle sperimentazioni e la consistenza dei risultati.


LO SCOPO DELLO STUDIO

I ricercatori sono andati a vedere cosa succede aumentando la quantità di Omega-3, in particolare se e come cambiano il rischio di malattie cardiovascolari, i livelli di colesterolo e di trigliceridi. Sono stati registrati i dati sui principali tipi di Omega-3: EPA (acido ecosapentaenoico), DHA (acido docosaesaenoico) presenti in pesci come aringa, sardina, tonno, sgombro, e ALA (acido alfa-linoleico) presente nelle fonti vegetali (semi oleosi, frutta a guscio, soia, oli derivati).


I RISULTATI DELLO STUDIO

Aumentare le quantità di EPA e DHA non ha effetti degni di nota sul rischio di morte per tutte le cause, nè sul rischio di eventi cardiovascolari, probabilmente neppure sul rischio di malattie coronariche. Si riduce leggermente la quantità di trigliceridi nel sangue e aumenta il livello di colesterolo HDL. Aumentare le quantità di ALA non sembra portare benefici particolari, se non un leggero calo del rischio di eventi cardiovascolari, mortalità coronarica e di alterazioni nella funzionalità cardiaca. Per avere un'idea quantitativa, ogni mille persone che aumentano la quantità di ALA nella dieta, una ne trae beneficio reale. Gli effetti sono ancora in gran parte da chiarire, ma, concludono gli autori, «Sappiamo che prendere Omega-3 in capsule non riduce il rischio di malattia cardiaca, ictus o morte». E mangiare pesce? Ci sono prove scarse che non permettono risposte chiare. «Anche se gli acidi grassi EPA e DHA riducono la concentrazione di trigliceridi, probabilmente i supplementi non sono utili per prevenire o trattare malattie cardiovascolari. Comunque, aumentare gli acidi grassi ALA da fonti vegetali potrebbe essere dare una modesta protezione verso alcune malattie».


E IL PESCE?

Lee Hooper, prima firma delle analisi e esperta di nutrizione della University of East Anglia, ha precisato che questi dati non permettono di dire se mangiare pesce ricco di acidi grassi essenziali (pesce azzurro, salmone) faccia bene al cuore. Ma la scienziata è persuasa di sì: «Il pesce in più nella nostra dieta prende il posto di altri cibi che potrebbero essere meno positivi per la salute. Anche iodio, selenio, calcio e vitamina D fanno bene, e sono molto meno comuni nei cibi che il pesce potrebbe sostituire».


«COMPRATE VERDURE, NON INTEGRATORI»

Molti i commenti degli esperti da tutto il mondo. Fra quelli degni di nota, Tim Chico, professore di medicina cardiovascolare dell'Università di Sheffield: «Anche se la dieta gioca un ruolo importante nella prevenzione delle malattie cardiache, il suo è un ruolo complesso e difficile da correlare a un singolo alimento. (...) I supplementi a base di Omega-3 sono piuttosto costosi, perciò a chi li compra sperando di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari consiglierei piuttosto di spendere il denaro in verdure».

 

fonte:

Fondazione Umberto Veronesi

bibliografia: