Il Tribunale di Trento ha condannato una donna che minacciava una dottoressa costringendola a rilasciare un certificato incongruo. E' un esempio di casistica in cui il ruolo di Pubblico Ufficiale del medico di famiglia e' stato opportunamente difeso.
(Tribunale di Trento, n. 346/2016).

I fatti:
una donna pretendeva dalla dottoressa suo medico di famiglia, un certificato per 15 giorni di malattia.
La dottoressa rifiutava, ritenendo che i disturbi della donna potessero avere una prognosi di non piu' di 5 giorni.
La paziente se ne andava minacciando ad alta voce di far intervenire qualcuno; dopo alcuni minuti rientrava accompagnata dal suo compagno che, sbattendo i pugni sul tavolo con fare minaccioso, induceva la dottoressa a rilasciare il certificato, aggiungendo poi che da quel momento il loro rapporto di fiducia si era interrotto.

Venivano denunciati, ed il Tribunale li condannava entrambi per il reato di minaccia a Pubblico Ufficiale (art. 336 c.p.).

Il Tribunale sottolineava che il medico di famiglia, in relazione alle funzioni esercitate in quel momento, fosse qualificabile come pubblico ufficiale.
Perchè si concretizzi questo delitto il giudice evidenziava che "non è necessaria una minaccia diretta o personale, essendo invece sufficiente l'uso di qualsiasi coazione, anche morale, ovvero una minaccia anche indiretta, purché sussista la idoneità a coartare la libertà di azione del pubblico ufficiale".

La validita' della minaccia posta in essere per costringere il pubblico ufficiale a compiere un atto contrario ai propri doveri deve essere valutata con un giudizio "ex ante", tenendo conto delle circostanze oggettive e soggettive del fatto. L' impossibilità di realizzare il male minacciato, a meno che non tolga al fatto qualsiasi parvenza di serietà, non esclude il reato, dovendo riferirsi alla sua potenzialità costrittiva.

Nel caso in oggetto le minacce erano idonee a costringere la dottoressa ad agire contro la sua volonta', considerando che, secondo i testimoni, essa si presentava visibilmente impaurita, quasi terrorizzata, preoccupata per la propria incolumita', indotta a fare quanto richiesto al solo scopo di far uscire i due dallo studio.

I due venivano condannati, l' uomo per la condotta materiale minacciosa, la donna per averlo indotto a tale condotta all' espresso fine di ottenere un certificato illecito.